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Sotto il segno di Modena

FRANCO VACCARI

Perchè una sensibilità si manifesti bisogna tenere a freno il narcisistico protagonismo dell'io e predisporsi ad accogliere, con autentica curiosità, il diverso da sé. Solo dopo aver attuato questa forma di raccoglimento si potrà incominciare a vedere.

Il segreto dell'artista (la sua moralità) è appunto la fedeltà a questa tecnica di svuotamento per aprirsi a quella che una volta veniva chiamata ispirazione. Solo così quello che si vede e si sente diventa necessario e cioè reale.

Quello che sorprende nel lavoro della Severi è l'equilibrio raggiunto fra il caso e la necessità, la trasformazione cioè di eventi casuali (ma ricercati e programmati in quanto tali) in immagini di una presenza assoluta. Le immagini che mi sembrano più emblematiche sono quelle dove la figura umana emerge all'improvviso da un fondo neutro e occupa il primo piano esibendo con naturalezza la livrea del gruppo sociale di appartenenza.

Dobbiamo dire che l'effetto è di grande suggestione, di massima presenza, quasi che tra occhio meccanico e occhio naturale si fosse verificata una vera e propria fusione. Le connotazioni psicologiche, ridotte al minimo, non sono privilegiate ma sono poste sullo stesso piano dei colori, della trama e della consistenza dei tessuti, degli oggetti, dei muri; l'effetto complessivo è di natura tattile. Queste foto non giudicano, non proclamano, non enunciano, non dimostrano. Che riposo la sospensione del giudizio!

La Severi, difesa in tal modo contro la volgarità, la vanità, la mondanità, ha potuto muoversi leggera in mezzo al brusio di quel micromondo che è Modena per restituircene unimmagine affascinata e affascinante. Io credo che queste sue fotografie avranno vita lunga nel senso che manifesteranno pienamente una caratteristica specifica dell'immagine fotografica: quella di caricarsi di tempo e, nel tempo, di sollecitare sempre diverse letture. Esse saranno investigate, analizzate con inesausta curiosità alla ricerca del mistero dell'evidenza.

CARLO CONTINI

Le nostre città, nelle fotografie dell'ultimo Ottocento e del primo Novecento, ci appaiono sempre stranamente deserte come se il fotografo, prima di impressionare la lastra, avesse per primo imperativo che quella piazza, quella strada, quel monumento non dovessero essere disturbati, contaminati dalla presenza umana. Incredibili, immense piazze dove non si vede anima viva, attese di ore, perché non transitasse nessuno nel momento fatidico.

Ho sottocchio alcune lastre antiche di Carpi e Modena dove le due Città appaiono cimiteriali, assolutamente prive di vita. Maria Pia Severi, invece, sembra abbia voluto percorrere tutta Modena, ignara dei monumenti e delle case, per fissare quella che i Giapponesi chiamavano, nelle stampe dellUki-jo-e, la rappresentazione del mondo che passa.

Una Modena senza Modena? Fra gli oggetti, le persone e i primi piani Modena si fa largo; a volte si intravede solo un tratto di selciato o un portichetto sbilenco, a volte la città irrompe fino a riempire di sé lintera inquadratura.

Come ogni fotografo, anche chi ha scattato queste foto non può indovinare quante suggestioni queste sue immagini possano provocare. D'altra parte il fruitore di immagini non ama che gli sia spiegata come spesso avviene la fotografia: preferisce lasciarsi coinvolgere dal segreto delle sue interpretazioni legate e al suo gusto e alla sua cultura e, soprattutto, al suo stato d'animo.

Non starò quindi a dilungarmi ancora su quanto mi hanno suggerito certi sguardi, le luci quasi psichedeliche del sabato sera, le vetrine, i colloqui, i manifesti, l'albero che quasi protegge con la sua grande chioma un colloquio d'amore: tutte queste immagini raccontano di un legame con una Città ancora (e fino a quando?) a misura d'uomo, sono un colloquio d'amore che Maria Pia Severi ha voluto offrire a tutti i modenesi.

BRUNO URBINI

Cara Maria Pia,
eccomi come d’accordo a scrivere qualche riga a proposito delle tue fotografia. (Mi permetto di usare il “tu” anche se la nostra conoscenza è recente, ma mi ritengo autorizzato da molti anni che mi dividono dalla giovinezza e quindi anche da te e perché il discorso che mi sento di fare è estremamente amichevole e confidenziale).
Quando mi hai telefonato, ho voluto essere io a venire nel tuo studio in piazza Mazzini e non ho accettato che fossi tu a muoverti per due buoni motivi: uno ufficiale, e cioè che gli anziani come me,  quelli cioè che cedono il posto o il passo ad una donna, hanno radicato certe abitudini oramai quasi desuete nelle generazioni recenti; e un altro perché, in piazza Mazzini vado sempre volentieri.
Mi hai mostrato questo album di immagini per le quali, mi pare, hai usato la macchina fotografica come per ricavarne un notes di appunti e hai chiesto a me, modesto medico e scrittore limitato per il poco che ho pubblicato, di mettere insieme qualche pagina. 
Ho visto dunque le tue fotografie e ovviamente ti ho chiesto perché ti eri rivolta a me.
Le donne graziose e intelligenti hanno una sapienza particolare nel coinvolgimento altrui e io sono debolissimo. Ho accettato comunque perché mi hai detto che volevi l’opinione di un modenese autentico, le sensazioni di chi alla Ghirlandina, al Duomo, ai portici, alla nebbia, all’umido caldo estivo è legato da sempre, e a Bologna e a Reggio si sente già l’estero: ed effettivamente sono così.
Quindi eccomi qui, non per un commento critico perché la prefazione di un tecnico-artista o di un artista-tecnico, quale Franco Vaccari, basta ed avanza ed enuncia anche concetti godibili soprattutto dagli “addetto ai lavori”, ma per scriverti qualche riflessione germinata da ciò che hai fissato sulla pellicola. Ti premetto che dirò cose non aderenti alle tue aspettative, o comunque futili: le chiudo quindi in una lettere perché la lettera si può non aprire, leggere e cestinare o conservare se ne vale la pena.
Mi è piaciuto questo impatto diretto con le persone che diventano personaggi e, da uomo, mi è piaciuta la tua predilezione, fatto salvo qualche caso (quei due cadetti, quel robusto ragazzo che si è messo quasi in posa) per le figure femminili. Donne giovani per lo più in paesaggi prevalentemente invernali, molte con l’aspetto deciso e sicuro che è una caratteristica dominante del mondo femminile di oggi.
Omaggio alle donne il tuo: omaggio a quello che è certamente il sesso forte e che soltanto il femminismo più esasperato può alterare. Sono gli uomini, e il parere è stato espresso anche da una autorevole giornalista pochi giorni fa, che devono aspirare alla parità con le donne. Pensa come è triste la condizione dello scapolo anziano o del vedovo mentre le donne, anche sole, sopravvivono quasi sempre con una autonomia e un senso organizzativo delle loro giornate davvero invidiabili. 
Per un’altra ragione mi piace la preferenza che hai dato alle immagini invernali e alle donne invernali: le pellicce sono morbidi bozzoli e dentro si vedono già farfalle con occhi, bocche, visi misteriosi o ridenti o assorti.
Con la promessa che se mi troverò per caso sotto l’obiettivo della tua macchina fotografica non mi metterò in posa ma cercherò di essere il più naturale e disinvolto possibile.
Ti saluto molto cordialmente

Bruno Urbini,
Direttore dell’Istituto di Patologia Medica
 al Ducale Foro Boario e 
Presidente dell’Ordine dei Medici di Modena

 


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